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Il più antico e versatile materiale di cui l’uomo ha fatto uso. Risorsa rinnovabile, completamente naturale, alimentando il fuoco ha permesso la nostra Storia e attraverso la carta ce l’ha fatta tramandare: è il LEGNO.
Quando l’uomo ha compreso appieno le proprietà tecnologiche, si è dato da fare per creare materiali “misti” che riuscissero ad integrare le caratteristiche di due o più diversi in una sorta di “supermateriale”: li chiamiamo compositi. Il legno è l’unico “materiale composito” naturale, in quanto composto da fibre di cellulosa ed emicellulosa, tenute insieme da una matrice costituita da un polimero naturale detto lignina. Questa struttura conferisce notevoli proprietà, da evincersi principalmente nel comportamento meccanico. L’aspetto di cui tenere conto è l’anisotropia: la risposta del materiale non è omogenea, ma dipende dalla direzione della sollecitazione.
Capiamo bene che l’utilizzo di questo materiale implica una manipolazione di un ecosistema vivente: il bosco. Degli alberi, in particolare, viene coinvolto il fusto, la cui conformazione è ad anelli concentrici che, dal punto di vista della funzione fisiologica, si suddividono in 6 differenti zone. Il cambio è responsabile della produzione di un nuovo anello anno dopo anno, per cui è possibile leggere l’età della pianta dal numero di anelli che contiamo in una sezione trasversale partendo dal midollo, e passando per il durame e l’alburno. Man mano che l’albero cresce, l’alburno diventa durame.
Nella gestione della filiera di questo materiale, si deve assolutamente partire da un’idea di sostenibilità immaginando il bosco partendo dal seme, evitando di trattarlo come un semplice “deposito di stoccaggio” da cui prelevare indiscriminatamente. Come approfondiremo, non si abbatte un albero senza una preciso criterio di natura sia ecologica che economica.
Se fusto e chioma diverranno materiale dai più diversi utilizzi, la ceppaia, a seconda del tipo di gestione selvicolturale, sarà la base per la nascita di nuove piante (bosco ceduo, in cui le nuove piante nascono dai polloni che vi si sviluppano, tipica delle latifoglie) oppure rimarrà a dimora per nutrire il suolo circostante contribuendo a far sì una nuova pianta prenda il posto di quella abbattuta (fustaia, dove ogni singolo ceppo equivale ad una sola pianta, tipica delle conifere). La vita del legno, in definitiva, va considerata rispetto a due fasi: una “biologica”, come bosco; l’altra “tecnologica”, come derivato.
IL BOSCO
Boschi e foreste sono una delle risorse naturali più importanti a livello planetario; la loro presenza da sola assicura un importantissimo pilastro per l’equilibrio del pianeta, sia dal punto di vista ecologico che dal punto di vista climatico. Se, per assurdo, omettessimo di considerare il bosco come la “casa” di un enorme quantità di flora, fauna, microorganismi e come inesauribile serbatoio di biodiversità, dovremo per forza considerarlo dal punto di vista della sopravvivenza della vita sul pianeta quale baluardo all’accumulo di gas serra.
Gli alberi sono vita organica, al pari di noi sono a base di carbonio (C), e si accrescono utilizzando questo elemento e contribuendo a far sì che l’accumulo di gas serra in atmosfera non sfoci nelle alterazioni climatiche conseguenti al global warming . Sono, perciò, uno dei depositi fondamentali di anidride carbonica ( CO2 ), la quale viene immagazzinata tramite il “motore” della vita: il processo di fotosintesi clorofilliana.
Per tutti questi motivi, è importante ricordare che gli alberi ci sono più utili da vivi che sotto forma di legname. Ma un’altra eccezionale dote di questa risorsa è che è completamente rinnovabile. Semplicemente, non si esaurisce. Se ben gestita può essere utilizzata anche come materiale senza causare scompensi nella sua funzione principale. Le scienze forestali nascono con l’idea di pianificare l’utilizzazione e assicurare nel tempo la produzione legnosa, cosa che può avvenire attivando un processo di gestione forestale sostenibile:
“La gestione forestale sostenibile riguarda la gestione corretta e l’uso delle foreste e dei terreni forestali ad un tasso di utilizzo che consenta di mantenere la loro biodiversità, produttività, capacità di rinnovazione, vitalità e potenzialità e che assicuri, ora e nel futuro, rilevanti funzioni ecologiche, economiche e sociali a livello nazionale e globale senza comportare danni ad altri ecosistemi “
Conferenza sulla Protezione delle Foreste in Europa. Helsinki (FIN), 1993
Cosa vuol dire, nel concreto? Che l’utilizzo del bosco deve essere regolamentato attraverso azioni progettuali coerenti con norme e piani concertati a livello amministrativo che rispettino la multifunzionalità della foresta ed i numerosi asset ambientali che ne derivano. Questo può realizzarsi rispettando i criteri della selvicoltura sistemica, che è quella branca delle scienze forestali che studia i metodi ed i mezzi migliori per preservare la risorsa boschiva.
Un esempio? Gestire correttamente il taglio. Il taglio delle piante non è un azione eseguibile indiscriminatamente. Si seguono periodi di tempo ben determinati (ogni specie ha delle età di taglio; per la produzione di legno pregiato di faggio, ad esempio, il turno equivale a circa 80 anni). Prevedere un taglio raso (totale), di tutte le piante al raggiungimento del turno, lasciando il nulla così da attenderne semplicemente un altro, non è vantaggioso ne ecologicamente ne economicamente.
La selvicoltura sistemica parla di tagli cauti, continui e capillari orientati alla rinnovazione continua che permetta di avere sempre una produzione, minore ma continua nel tempo, in quanto si conserva costantemente la risorsa in una condizione vicina alla naturalità delle aree protette. Il taglio delle piante mature crea dei “varchi” nella copertura esercitata da parte delle chiome che riduce la “lotta” per la luce solare, stimolando la nascita di nuove piante alimentate da un suolo ben preservato poichè non completamente esposto. Si ottiene così un bosco disetaneo, fatto da piante sia vecchie che giovani, il quale è per sua natura più resiliente alle perturbazioni esterne ed ha un buon equilibrio ecosistemico.
L’idea è di procedere con strumenti moderni ma seguendo i principi dettati dal passato, quando la produzione di legname non era completamente meccanizzata ed i nostri progenitori non aggredivano le risorse. Sono tante le policies di sostenibilità da esercitare nella gestione del bosco, così come sono tanti i prodotti derivati dal legname. Ognuno di essi, se ottenuto secondo questo genere di principi, può essere certificato dagli organismi certificatori indipendenti secondo le adozioni della “Conferenza Ministeriale per la Protezione delle Foreste in Europa” del 1993 . La certificazione di gestione forestale sostenibile è di per se un valore aggiunto in qualità, oltre ad essere un indicazione al consumo responsabile.
I DERIVATI e la BIOMASSA
Posto che il bosco sia stato ben gestito, il taglio ed il trasporto correttamente effettuati, ed i tronchi di legname (i termini non sono casuali, si chiamano così una volta che sono stati abbattuti) disposti in cataste nella maniera migliore da poter stagionare (abbassare il tasso di umidità), il materiale è pronto ad essere trasformato.
L’ambiente di riferimento è la segheria. E’ qui che ha origine il derivato, sia quello “pregiato”che prevede l’utilizzo del tronco tal quale ma tagliato in pezzi di formato commerciale (come travi, assi, panconi, tavole, pali, ma anche legno lamellare); sia quello che prevede la riduzione per sfogliatura o truciolatura e la produzione di derivati “assemblati” (compensato, paniforte, truciolato).
E’ necessario dire che il legno, per divenire un derivato di pregio deve essere sufficientemente privo di difetti. Difetti possono essere dovuti sia ad inaccortezze nella lavorazione sia alla crescita naturale. Ad esempio una sacca di resina, ossia una sua fuoriuscita come difesa naturale per ostacolare l’ingresso dei patogeni in conseguenza di una lesione; oppure un nodo, dovuto ad un ramo che, spezzandosi o per difetto di potatura, è stato inglobato negli anelli di crescita e costituisce una soluzione di continuità che diminuisce la resistenza meccanica.
L’esistenza di difetti porta ad optare per l’utilizzo meno nobile. Rispetto ai quali, l’ultima istanza, è la biomassa. Biomasse sono tutti i residui organici che derivano dall’utilizzazione tecnologica del bosco, a partire dai residui di sramatura che si originano al momento del taglio del tronco, fino a quelli di segheria. Si tratta, a sua volta, di un preziosissimo materiale combustibile rinnovabile, utile ad alimentare centrali a biomassa mediante le quali si ricava energia pulita. La consideriamo “pulita” perchè non altera il bilancio di anidride carbonica immessa nell’atmosfera, in quanto le emissioni che ne derivano non fanno che pareggiare la CO2 che la pianta ha immagazzinato nell’arco della sua vita.
Da non dimenticare che, dalle fibre di cellulosa del legno, si ricava un altro importantissimo derivato: la carta! La carta è sì un derivato del legno, ma è anche considerabile come un materiale in quanto ha un’assoluta prospettiva di riciclabilità. Il codice di riciclaggio ad essa associato è PAP (numerati da 20 a 39 a seconda della tipologia -carta,cartone ondulato,..). Purchè sia pulita, si può conferire praticamente tutto ad eccezione della carta termica di cui sono fatti gli scontrini e della carta oleata. Anche per la carta, come derivato, vale la certificazione di gestione forestale sostenibile.
TIPOLOGIE DI LEGNAME
Tornando agli utilizzi tecnologici, rimane necessario specificare che il termine “legno” sinora usato è davvero troppo semplificativo. Esistono tante tipologie di legname quante sono le specie vegetali arboree da cui si ricava, ed ognuna ha caratteristiche meccaniche differenti; tant’è che, nell’uso strutturale, si utilizzano parametri di resistenza e deformabilità ricavati in laboratorio codificati e specifici per ogni tipologia! Una distinzione di massima può essere:
Andiamo a dare un’occhiata alle principali tipologie.
FOCUS: LA SALVAGUARDIA DELLE AREE PROTETTE e la DIFESA DAGLI INCENDI
Come abbiamo visto, il bosco è una risorsa ambientale determinante per la sua funzione ecosistemica e climatico-regolatrice. Il valore economico “monetizzabile” è un aspetto da considerare ma tuttavia non prioritario, considerati i benefici che derivano dalla conservazione della naturalità di un bosco. Pertanto tutti i boschi sono gestibili in maniera sostenibile, ma non tutti sono utilizzabili. Molti, considerato il loro inestimabile valore, sono vincolati dal regime di area protetta.
Un’area protetta è un area predisposta a misure di salvaguardia ambientale. Esistono diverse tipologie di salvaguardia a cui adibire una porzione di territorio di valore naturalistico, indipendentemente dall’uso del suolo (non sono a esclusivo beneficio di boschi e foreste). Fra esse ricordiamo:
Ciascuna forma risponde ad una misura di un corpus normativo dedicato di carattere sia europeo (direttive) che nazionale (leggi e decreti). Molteplici sono le prescrizioni adottate per limitare l’impatto antropico e orientate alla salvaguardia delle caratteristiche di naturalità che si intende preservare. Nel caso dei boschi, fondamentale è adottare forme adeguate di difesa dagli incendi.
Quest’ultima fa riferimento alla Legge 353/2000. In particolare, fra le misure preventive e dissuasive (il fuoco è un evento di origine antropica, l’autocombustione non avviene in contesti naturali) proposti da tale legge, si ha che per le aree percorse dal fuoco sia predisposto:
- VINCOLO DI 15 ANNI SUL RILASCIO DELLE AUTORIZZAZIONI ALL’EDILIZIA;
- VINCOLO DI 15 ANNI PER IL CAMBIO DI DESTINAZIONE D’USO;
- VINCOLO QUINQUENNALE PER CIASCUNA ALTRA ATTIVITÁ;
- CENSIMENTO OBBLIGATORIO AL CATASTO AREE PERCORSE DAL FUOCO (TAGLIO PIANTE IN PIEDI AUTORIZZATO SOLO PER AZIONE SELVICOLTURALE MIRATA A FAVORIRE LA RINNOVAZIONE DEL BOSCO);
- TAGLIO RASO COMUNQUE NON AUTORIZZATO.